L’uso della proteina naturale multifunzione può rappresentare un importante alleato. Ce ne parla la Dottoressa Stefania Pernarella, igienista dentale e docente in igiene dentale presso l’Università La Sapienza – Polo Pontino
La tutela del cavo orale è molto importante: si tratta difatti di una parte del corpo che può essere sede di infiammazioni in grado di peggiorare un quadro patologico-sistemico. Tuttavia, ancora oggi la salute del cavo orale non viene adeguatamente considerata e spesso si hanno situazioni patologiche che potrebbero già essere trattate con la somministrazione integrativa di lattoferrina, una proteina naturale multifunzione fisiologicamente presente nella saliva, che possiede importanti proprietà antinfiammatorie e antiossidanti.
«La lattoferrina può essere utilizzata con successo sia nei pazienti immunodepressi sia nei pazienti fragili propriamente detti, pazienti solitamente residenti nelle RSA, che quasi sempre presentano un cavo orale trascurato, abbandonato, talvolta veri e propri casi limite che li espongono a situazioni molto dolorose, con uno sconvolgimento ulteriore della loro già difficile vita di relazione» ha spiegato la Dottoressa Stefania Pernarella, igienista dentale e docente in igiene dentale presso l’Università La Sapienza – Polo Pontino, che ha tenuto una relazione sull’argomento in occasione del Forhans Forum di Roma del 16 dicembre scorso, che ha quindi proseguito «La lattoferrina può essere somministrata con tranquillità in questo target di pazienti, soprattutto se la si trova in prodotti puri, perché non presenta controindicazioni nelle poli-farmacoterapie né effetti collaterali, un elemento questo ancora più importante in questa tipologia di pazienti».
L’uso della lattoferrina nella mucosite
Gli usi della lattoferrina possono essere molteplici. «Uno di questi – ed è uno studio che stiamo portando avanti – è quello sulla mucosite nel paziente immunodepresso, oncologico o nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche, i quali presentano spesso un’infiammazione della mucosa del cavo orale dovuta ai farmaci assunti».
Per tanto tempo la mucosite nel paziente oncologico è stata considerata causata da un danno diretto dei farmaci o della radiazione sullo strato superficiale dell’epitelio orale e trattata quindi con farmaci antinfiammatori. Studi più recenti hanno invece mostrato che il primo danno, quello diretto, è nella sottomucosa, sulle cellule endoteliali del microcircolo e dei fibroblasti. In seguito al danno su queste cellule – che vanno incontro a morte cellulare – si sviluppano e accumulano radicali liberi, in grado di innescare meccanismi che portano alla fase ulcerativa della mucosa.
«Queste recenti scoperte hanno rivisto il modo in cui è possibile intervenire in questo quadro patologico, aprendo la strada a farmaci che agiscono in modo diverso. Tutte le intuizioni sono andate a confluire e sono state verificate nel caso clinico, purtroppo, proprio di un collega affetto da carcinoma retro-linguale, trattato inizialmente per un tumore occulto avendo isolato un linfonodo metastatico in sede sottomandibolare senza riuscire ad individuare la sede di partenza della neoplasia. Per questa ragione, il collega è stato sottoposto per i primi due anni a trattamento chemioterapico e, una volta identificato il carcinoma primario, in sede linguale anche a radioterapia seguendo un protocollo di irradiazione con un numero maggiore di sedute e a frequenze più elevate. Questo ha comportato il manifestarsi di una forma importante di mucosite, con possibile compromissione dell’unica parotide, ghiandola salivare maggiore, unica rimasta avendo subito l’asportazione dell’altra, condannando in questo modo con una grande probabilità il paziente ad effetti collaterali permanenti come accade sovente nelle irradiazioni testa-collo. Tuttavia, trovandosi anche nel pieno del periodo pandemico Covid-19, il paziente già da sé utilizzava la lattoferrina, sia per via sistemica che ad uso topico nel cavo orale, assumendola come prevenzione e protezione dal virus. Abbiamo dunque potenziato le somministrazioni sia durante che dopo il trattamento antitumorale», ha spiegato la Dottoressa, che ha quindi aggiunto «ed il paziente è riuscito in questo modo ad evitare la fase ulcerativa più grave e, nonostante sia stato sottoposto ad alimentazione parenterale per alcuni mesi, è poi tornato a fare la sua attività in forma perfetta e senza alcuno strascico».
Il supporto della lattoferrina in altre condizioni
Il caso presentato evidenzia l’importante azione antinfiammatoria e antiossidante di questa proteina naturale, una molecola senza effetti collaterali che può essere assunta da tutti, tranne da coloro che presentano allergie alle proteine del latte.
La lattoferrina trova ampio impiego nei pazienti fragili, nei pazienti oncologici e in tutti quelli che presentano “special needs”.
In America nel 2016 è stata utilizzata in ragazzi autistici che soffrivano spesso di disturbi gastrointestinali e che sono stati trattati con trapianto fecale per tale affezione. Attraverso questa terapia è stata utilizzata la lattoferrina sulla mucosa ripulita per la sua capacità prebiotica in grado di favorire lo sviluppo di una nuova e sana flora batterica intestinale.
«Quindi è stata prima utilizzata la lattoferrina e poi sono stati reimpiantati probiotici sulla mucosa pulita. Il risultato è stato non solo la riduzione dei problemi gastrointestinalinello specifico target di pazienti, ma addirittura sono stati riscontrati un miglioramento del ritmo sonno-veglia e dell’attenzione», ha enfatizzato la Dottoressa Pernarella.
Medicina, la rivoluzione del microbiota
Il quadro della medicina, soprattutto con lo studio del microbiota, si sta rivoluzionando radicalmente.
Proprio in questo ambito, la nutraceutica sta assumendo crescente importanza, anche se verso gli integratori permane un certo scetticismo.
«E’ auspicabile, peraltro, che venga introdotto un controllo stringente anche su questi prodotti, che hanno un’azione maggiore o minore sulla base della loro purezza e integrità. I benefici che si traggono da sostanze naturali che possono agire da antinfiammatori, antiossidanti o avere azioni antibatteriche, battericide o batteriostatiche – come è il caso della lattoferrina – è notevole».
Finalmente è stato compreso che lo stress ossidativo è alla base di molte patologie, soprattutto quelle cronico degenerative, di molte delle quali non si conoscono ancora le cause.
«Nelle cellule nervose di un malato di Alzheimer, ad esempio, sono stati trovati batteri del cavo orale così come nelle metastasi dei tumori del colon o in numerose patologie sistemiche. Quello del cavo orale è uno dei tanti mondi di microbiota distrettuale, estremamente complicato. Molto si parla di microbiota intestinale, ma assai raramente di quello del cavo orale caratterizzato da strutture anatomiche diverse con diverse colonizzazioni batteriche».
Guardare alla persona e non alla malattia
Per capire bene il perché alcuni prodotti determinano risposta e altri no, non si può ignorare il microbiota del cavo orale o un diverso livello di stress ossidativo, che cambia da paziente a paziente.
E invece «le “Linee Guida sugli effetti collaterali del cavo orale” del Ministero della Salute sono ferme al 2014, un vuoto di dieci anni in cui molte cose sono cambiate radicalmente. In molte patologie il rinforzo della lattoferrina, già naturalmente presente nella saliva come in altre secrezioni del corpo umano, è vitale. C’è un protocollo di cura con la lattoferrina anche contro l’alitosi, spesso campanello d’allarme di disbiosi del cavo orale, in particolare utilizzando la formulazione orosolubile di questa molecola. Il mio collega, dopo la sua personale esperienza di tumore, ha creato un protocollo ad-hoc per i pazienti pre e post chemio, chiamandoli personalmente per le sedute di igiene e per i controlli ravvicinati per evitare loro gli effetti collaterali delle terapie antitumorali talvolta così tanto devastanti da causare la sospensione dei trattamenti stessi e compromettere l’intero percorso di cura».
Troppo a lungo la medicina ha guardato al paziente in maniera settoriale e iper-specialistica.
«Adesso è il momento di tornare ad un approccio al paziente nella sua interezza e complessità da parte di un team multi-specialistico che guardi alla persona e non alla patologia, anche per raggiungere ulteriori traguardi, senza dimenticare lo spettro dell’antibiotico resistenza, un problema estremamente grave e molto presente. Ci sono tanti modi in cui approcciare il paziente con minori effetti collaterali e maggiore efficacia. Il campo dell’integrazione è molto importante, ma bisogna conoscerlo bene e dialogare con altre professioni è il primo passo per cercare insieme di perseguire, al meglio, la salute dei pazienti», ha concluso la Dottoressa Pernarella.
Articolo di FarmaciaNews – Elena D’Alessandri