Una recente review della letteratura scientifica ha riassunto i risultati degli studi randomizzati e controllati condotti nell’ultimo decennio sugli effetti inibitori e analgesici della pianta
I pazienti che soffrono di malattie infiammatorie sono numerosi e si cercano composti alternativi che possano ridurne i sintomi, anche sfruttando le proprietà farmacologiche naturalmente presenti nel mondo vegetale. Nei rizomi dello zenzero ad esempio sono state identificate oltre 400 sostanze chimiche e molte di queste si sono dimostrate attive, intervenendo nei pathway biologici associati alle infiammazioni ed esercitando un’azione inibitoria. Un accurato esame della letteratura coordinato da Mariangela Rondanelli, professoressa in Scienze e tecniche dietetiche applicate all’Università di Pavia, riassume i risultati degli studi randomizzati e controllati condotti sul tema nell’ultimo decennio. È stata analizzata in particolare l’attività dello zenzero come analgesico per la dismenorrea, l’indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata (Doms), l’artrosi, il mal di schiena cronico e l’emicrania.
Cosa è emerso dalla review
Per quanto riguarda la dismenorrea, gli autori della revisione hanno individuato sei studi in cui si è evidenziato un effetto promettente dello zenzero assunto per via orale. Quattro studi hanno invece suggerito una riduzione dell’infiammazione dopo la somministrazione orale e topica di zenzero in pazienti affetti da Doms. Nell’osteoartrosi di ginocchio, nove lavori sono stati concordi nell’affermare che l’uso orale e topico dello zenzero risulta efficace contro il dolore, mentre altri non hanno riscontrato differenze significative. Uno studio randomizzato controllato ne ha preso in esame l’uso nell’emicrania e ne ha riscontrato un’attività benefica. Infine, uno studio ha valutato gli effetti del massaggio svedese con olio aromatico allo zenzero, dimostrando anche in questo caso un’efficacia contro il mal di schiena. Risulta dunque evidente che ci troviamo di fronte a una sostanza sicura e promettente nella riduzione del dolore, anche se sono necessari ulteriori ricerche per creare un consenso sul dosaggio utile per una terapia a lungo termine.
Articolo di Farmacia33 a cura di Renato Torlaschi