Ieri ha chiamato una paziente chiedendo a noi conferme sulla bontà di una prescrizione di Centella che le aveva fatto un chirurgo vascolare, dopo un intervento di stripping della safena. Le ha detto che serve per migliorare il ritorno venoso nelle vene residue. I dubbi le sono insorti, neanche a farlo apposta, dopo una veloce googolata… ovviamente. Ed è così che ha appreso, da Dr. Google, che la Centella asiatica è una pianta utilizzata in India per contrastare l’ansia e lo stress e addirittura per migliorare anche certi disturbi della mente con deficit cognitivi.
“Forse -dice la donna- quel chirurgo ha pensato che io fossi nervosa, in realtà da quando assumo il citalopram, sto benissimo, e non voglio una pianta sedativa. Ma come è possibile che un medico commetta simili errori? Ora poi che ho fatto l’intervento non sono più neanche preoccupata. Inoltre non ho trovato da nessuna parte che serve per le vene”. Questo la paziente.
In realtà ho dovuto solo spiegarle che quel chirurgo aveva fatto una cosa giustissima nel prescriverle un estratto di Centella per il suo problema vascolare. E che aveva invece sbagliato lei a cercare le informazioni giuste. Se va a cercare le mele su un pero probabilmente non le trova, le ho spiegato. Su Google evidentemente ha trovato solo le informazioni relative all’uso tradizionale della Centella, peraltro quelle sostenute sì dalla tradizione ma non ancora a sufficienza dalla letteratura scientifica: solo un trial ed una revisione sistematica, che peraltro mettono in evidenza la assenza di robustezza delle prove.
Mentre invece le ho spiegato che, sempre in letteratura, che è il nostro punto di riferimento cardinale, della Centella è ampiamente descritta l’attività positiva sul microcircolo venoso (per chi fosse curioso ben una quindicina trial clinici anche recenti, e almeno un paio di revisioni sistematiche, di cui una pure della Cochrane), per non parlare poi degli effetti a livello dermatologico.
Non solo, le ho spiegato, si trova pure disponibile come medicinale da automedicazione, proprio per i disturbi venosi: due pasticchine al giorno ed il gioco è fatto.
“Ah… ma lui me la fa assumere in gocce! Estratto idroalcolico c’è scritto: ” continua la donna.
Ok. Allora il suo chirurgo in realtà ha fatto una cosa fatta bene, nella scelta della pianta, ma forse ha commesso pure un errore nella scelta del prodotto: perché per le vene serve senz’altro un estratto particolare della pianta (la frazione dei triterpeni), mentre con un estratto idroalcolico in realtà si potrebbero avere effetti non desiderati proprio sul sistema nervoso, perché vengono estratte pure altre sostanze attive, e per contro di quello non conosciamo la concentrazione dei triterpeni.
Tutto questo per dire solo una cosa: come sia complesso il mondo delle erbe, soprattutto se si prendono direzioni sbagliate o si seguono riferimenti impropri, oppure ancora se non si studia abbastanza…
E voi cosa ne pensate?
Articolo di Fabio Firenzuoli – Farmacista 33