Superfood e novel food, perché se ne parla sempre di più? Quali vantaggi ne possono derivare? Come sfruttarli secondo scienza, legislazione e buon senso
Negli ultimi decenni i confini tra settore alimentare e farmaceutico si sono assottigliati, rendendo a volte complesso per il consumatore/paziente il potersi orientare nella scelta di prodotti proposti spesso con eccessive velleità funzionali e nutraceutiche. Termini come superfood e novel food sono diventati di uso comune, ma in realtà di cosa stiamo parlando? Quanto di vero c’è e quanto si può ricondurre a una moda tesa a soddisfare il crescente interesse del pubblico per la salute in tavola? In questo caso occorre fare riferimento a enti accreditati e a normative in termini di promozione e di vendita.
Il superfood, origini e definizioni
Cercando la parola “superfood” sul web si generano una miriade di risultati, a volte confusi e contraddittori, ma ancora non esiste una codifica ufficiale, come evidenzia la Fda americana e lo stesso Eufic (il consiglio europeo di informazione sull’alimentazione) che si rifà invece a definizioni da dizionario: “un alimento ricco di un nutriente considerato particolarmente benefico per la salute e il benessere” (dall’Oxford English Dictionary) piuttosto che “un alimento super denso di nutrienti, come vitamine, minerali, fibre, antiossidanti e/o fitonutrienti” (dal Merriam-Webster Sictionary).
Il termine compare per la prima volta nel 1949 in un giornale canadese, descrivendo alcune presunte qualità nutrizionali di un muffin, e da allora si è diffuso ovunque, spesso a sproposito e con mere finalità di marketing. Tanto che nel 2007 l’Efsa (Commissione Europea per la Sicurezza Alimentari) è intervenuta proibendo alle aziende di parlare di superfood nelle proprie campagne pubblicitarie e vietando il commercio associato a Healt Claims (indicazioni su eventuali effetti benefici/terapeutici per la salute), a meno che non siano sostenute dalla letteratura scientifica.
Le caratteristiche dei superfood
Volendo tracciare un identikit del superfood, possiamo stilarne alcune caratteristiche: si tratta innanzitutto di alimenti funzionali/cibi nutraceutici riconducibili perlopiù a due sottoinsiemi – quello dei superfruit (superfrutti, per esempio avocado, melagrana, frutti rossi, noni, bacche di goji) e dei supergrain (supercereali, per esempio amaranto, quinoa, teff, semi di lino, di sesamo e di chia) – freschi o processati (in polvere, succo, porzionato), privi dell’aggiunta di sostanze chimiche di sintesi e con una valenza salutistica. Tra i prodotti di origine animale troviamo il pesce azzurro e il salmone, mentre dal regno vegetale traiamo anche funghi (reishi, shiitake) e alghe (spirulina).
Indipendentemente che si parli di cibi tradizionali o esotici, rappresentano un puro concentrato di nutrienti e micronutrienti (vitamine, minerali, oligoelementi, proteine, amminoacidi e acidi grassi essenziali, fibre), antiossidanti e/o fitonutrienti. Ad essi non si possono attribuire delle proprietà curative paragonabili a terapie farmacologiche, ma esplicano una funzione di prevenzione e di sostegno alla salute fisica e/o psichica mediante azioni antinfiammatorie, antiossidanti, energizzanti e nutrienti; contribuiscono alla regolazione del metabolismo e ostacolano l’accumulo di tossine; possono agire su organi specifici piuttosto che su aspetti più generali come l’invecchiamento.
Lungi dal poterli definire una panacea, spesso sono al centro di controversie e al pari degli integratori vanno considerati utili fonti di supplementazione (specie in caso di malnutrizione anche da chemioterapia e radioterapia), facendo attenzione che i dati correlati a pochi studi non sono sufficienti ad avvalorare virtù ingannevoli, in particolare nel caso di prodotti a cui si attribuiscono proprietà anticancro, secondo quanto riferito anche dall’Airc.
Cibo innovativo: il novel food
Facendo riferimento all’Efsa, il concetto di “nuovo alimento” si è sviluppato nel corso dei secoli (si pensi ai prodotti importanti nel Vecchio Continente dal Nuovo Mondo o dall’Africa e dall’Asia), ma la normativa vigente considera come “novel food” quegli alimenti e ingredienti alimentari che non sono stati usati come consumo umano a un grado significativo nella Comunità Europea prima del 15 Maggio 1997.
Riassumendo, questa definizione si può applicare:
- a prodotti e ingredienti alimentari caratterizzati da una struttura molecolare primaria nuova o volutamente modificata;
- a prodotti e ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microrganismi, funghi o alghe, da vegetali o da animali;
- a prodotti e ingredienti alimentari sottoposti a un processo di produzione innovativo, per i quali tale processo comporti nella composizione o nella struttura dei prodotti o degli ingredienti dei cambiamenti significativi del valore nutritivo, del loro metabolismo o del tenore di sostanze indesiderabili.
In particolare, il regolamento UE 2015/2283 sul novel food si sostituisce al precedente regolamento CE 258/97, introducendo una procedura di valutazione e di autorizzazione centralizzata che velocizza e rende più efficiente il procedimento nel suo insieme. Alcuni novel food si possono considerare anche superfood, come le bevande a base di riso addizionate di fitosteroli e fitostanoli, in quanto è stato dimostrato da molteplici review e clinical trial che tali sostanze riducono il colesterolo nel sangue, agendo così su un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.
Articolo di FarmaciaNews – Daria Scienza