Dalla camminata, alla marcia, fino alla corsa, un excursus
sui vari gradi di deambulazione e i suoi benefici. Come iniziare, che abbigliamento indossare
e quale ritmo tenere
di Pompeo D’Ambrosio medico sportivo, cardiologo, preparatore di atleti
Correre, camminare e pas- seggiare sono 3 attività as- sai simili eppure così diverse tra di loro, al punto tale da meritare l’attenta considerazione odierna.
L’essere umano è stato concepi- to sin dall’inizio con 4 arti, che gli hanno permesso, nella notte dei tempi, di spostarsi probabilmente con 4 appoggi contemporanea- mente a terra (quadrupede). Solo in un secondo momento c’è stata la fase dell’“homo erectus”, condizione in cui si spostava usando solamente gli arti inferiori. Partendo da questo concetto, si può dire che le azioni menzionate sono caratterizzate da una successione di passi, molto lenti nel caso della passeggiata e più vigorosi nel corso della camminata. In questa ultima, la successione può essere molto veloce
e potente, con un’ampiezza del passo anche superiore al metro, il che consente di assimilare, in casi estremi, la camminata veloce alla marcia. Questa si configura come un vero e proprio gesto sportivo, codificato da regole precise, che sconfina nell’agonismo vero e proprio. Pur consentendo di raggiungere elevate velocità tipiche della corsa, le regole della marcia, comunque, sono tali da differenche permette l’avanzamento rapido grazie alla rotazione del bacino, dovuto a un’estrema mobilità delle anche. I più forti al mondo percorrono i 20 km della distanza olimpica classica ad una media di quasi 16 chilometri l’ora, mentre viaggiano, nella massa- crante gara di 50 km, ad oltre 14 chilometri l’ora. Tutto questo per spiegare come azioni, apparente- mente così simili, in realtà celino profonde differenze.
La corsa, ad ogni modo, costituisce il punto di arrivo dei gesti motori fin qui trattati, perché anche nella forma più lenta c’è un momento, più o meno lungo a seconda della velocità, in cui entrambi i piedi sono staccati da terra, impegnati in una fase di volo. Le differenze a volte sono minime, però, in base alle regole prima citate, un marciatore che si sposta a una velocità di 15 chilo- metri all’ora è sempre “ancorato”
Risveglio primaverile
Partendo da qui, andiamo al nocciolo del problema. Con la primavera riprendono le attività all’aperto. A dire il vero, chi pratica con regolarità una disciplina non fa tante differenze tra brutta e bella stagione, tra caldo e freddo. Naturalmente, non tutti rientrano in questa categoria, anzi la maggioranza è rappresentata proprio da coloro che si professano incalliti sportivi ma poi ripongono tute, scarpe ginniche e biciclette nel dimenticatoio invernale, per riprenderle proprio quando le giornate si allungano e le temperature si fanno meno rigide. Per tutti coloro che si identificano in questa descrizione, propongo un programma di (ri)avvicina- mento alla fatica e allo sport in generale. Non dobbiamo insistere sui benefici del movimento, sui
ANCHE ATTIVITÀ APPARENTEMENTE SIMILI, POSSONO NASCONDERE GRANDI DIFFERENZE
ziarla decisamente da quest’ulti- ma. In particolare, non è prevista la fase di sospensione (pertanto un piede è sempre appoggiato a terra) e inoltre non è consentito lo sbloccaggio del ginocchio (l’arto che appoggia a terra lo fa in ma- niera rigida e non elastica come nella corsa).
Le velocità esasperate che si raggiungono nella marcia sono dovute ad una tecnica mirabile
a terra, mentre un corridore che viaggia a 10 km/ora (quindi molto più lentamente) si caratterizza per una sospensione dei due piedi
da terra. In definitiva, possiamo anche dire che la corsa è una successione di balzi, anche se questa definizione poco si sposa con certe situazioni in cui si vedono improbabili corridori, pesanti ben oltre il quintale, che si staccano da terra solo di pochi millimetri.
suoi effetti positivi nei confronti del metabolismo, della pressione arteriosa, delle articolazioni e dell’apparato muscolo scheletrico. È dominio di tutti e lo diamo per scontato, come è scontato che la ri-assuefazione alla fatica debba essere progressiva e graduale al tempo stesso.
Le articolazioni arrugginite e i muscoli intorpiditi, certamente traggono giovamento dal movimento, ma spesso sono gravati da un peso in eccesso, che ne limita le prestazioni e condiziona gli step successivi. Per questo la nostra proposta è incentrata su un risveglio primaverile cauto, basato su brevi camminate a passo non tanto veloce, iniziando con una ventina di minuti. Le linee guida dei protocolli cardio- vascolari parlano spesso di una moderata attività fisica da svolgere per un totale di 150 minuti settimanali. Questo tempo può essere concepito in tante forme, per assurdo anche come singola attività settimanale di 2 ore e mezzo. In questo caso siamo all’estremo, è ovvio, e nessuno farà mai una proposta simile a un neofita o, comunque, a chi è stato sedentario tutto l’inverno;
pertanto, accettando la proposta dei 150 minuti, questo tempo può essere raggiunto con almeno 3-4 sedute settimanali per una durata di 15 giorni.
Questo è un approccio generico ma valido, perché evita eccessiva stanchezza, guai muscolari e, nel contempo, permette un rapido miglioramento della resistenza generale.
Ci vuole ritmo
Senza tirare in ballo strumenti al momento sofisticati, come potrebbe essere un cardiofrequenzimetro, è sufficiente basarsi sul- la respirazione, con un semplice ma adeguato sistema di monito- raggio: la conversazione. Se si è in compagnia, bisogna provare a parlare con il “compagno di fatica”: se già dopo pochi minuti non è possibile reggere lo sforzo di un discorso, siamo a buon punto, perché indicativamente quella è la cadenza con cui procedere. Riuscire a parlare senza fatica significa, invece, che si sta camminando troppo lentamente e, aldilà del non trascurabile piacere di passa- re del tempo in relax, non si raggiungono miglioramenti significativi nella condizione fisica. Se si è invece da soli, bisogna provare a recitare una filastrocca dell’infanzia o a canticchiare (a bassa voce, per non essere presi per pazzi) una canzone, aumentando gradualmente la velocità del passo fino a provare difficoltà verbale.
Il numero delle uscite settimanali non dovrebbe essere inferiore a tre, al limite anche quotidiano. La passeggiata intesa come attività fisica dovrebbe essere in- vece riservata a chi è completa- mente fuori condizione, indipendentemente dal peso corporeo eventualmente in eccesso: questa situazione potrebbe, ad esempio, essere tipica di chi ha avuto di recente una malattia infettiva (Dio solo sa quanto sia attuale in questo periodo tale condizione!) o si è sottoposto ad un intervento chirurgico; passeggiata come ritorno alla normalità, questo dovrebbe essere il reale significato del passeggiare, una specie di momentanea transizione verso un successivo maggior impegno, nel nostro caso la camminata. Quest’ultima attività, che teoricamente prevede l’utilizzo quasi esclusivo dei mu- scoli di gamba e coscia, può inoltre essere integrata secondo differenti modalità: si può renderla più impegnativa utilizzando dei piccoli manubri da stringere tra le mani oppure può essere associata ad esercizi fisici che coinvolgono altre parti del corpo. Un esempio al riguardo è costituito da percorsi prestabiliti, in genere ricavati nei parchi, in cui si trovano degli attrezzi fissi, progettati per svolgere esercizi integrativi, come salire e scendere dei gradini, superare degli ostacoli, eseguire dei saltelli, il tutto secondo modali-
tà specificate da tabelle opportunamente posizionate accanto agli attrezzi. Questo consente di monitorare nel tempo i miglioramenti, fino al punto, per esempio, di inserire la corsa.
Corsa
per principianti
Siamo così arrivati alla parte finale del nostro percorso. La corsa, intensa o moderata che sia, rilassante o intesa come prova fisica di massima efficienza, del tutto ludica o concepita come agonismo, è un impegno intenso per l’organismo. In questo contesto stiamo comunque parlando
di soggetti non necessariamente atleti, che si cimentano con un’attività che può anche essere causa di problemi. Non è il momento o
il luogo per parlare di corsa sotto il profilo squisitamente tecnico o sportivo, ma ci sentiamo di fornire questi semplici consigli:
1 La corsa è un’attività fisica impegnativa e va pertanto affrontata in buona salute. È opportuno sottoporsi a una visita cardiologica comprendente almeno un elettrocardiogramma a riposo.
2 L’abbigliamento è impor- tante, perché la corsa può essere effettuata in condizioni ambientali particolari e difficili e l’utilizzo di materiali adeguati consente di non patire il freddo e di sopportare più facilmente il caldo.
3 Le calzature sono fondamentali. Da soli non è facile orientarsi nel marasma dei modelli, delle offerte e delle reali necessità, per cui è necessario affidarsi ai consigli di un amico esperto o del personale specializzato di un negozio di articoli sportivi.
4.Non è importante porsi degli obiettivi, ma utilizzare un crono- metro per sapere quanto è durata l’attività e registrarla su un diario può essere lo spunto per cercare di fare le cose sempre meglio.
5 La fase successiva di questo avanzamento tecnologico potrebbe essere l’acquisto di uno smart- watch: ce ne sono di tutti i tipi e per tutte le tasche. Non servono per diventare maniacali, ma per stimolare la curiosità di sapere dove e a che velocità si è corso, verificando anche la distanza.
A questo punto la fase teorica è terminata. Non resta che, con un onesto esame di coscienza, capire in quale categoria (passeggiata, camminata o corsa) collocarsi e prendere il via.